Nel 1989, un collezionista francese di nome Marc Pagneux acquistò un dagherrotipo su una bancarella del mercatino delle pulci di Vanves a Parigi, che raffigurava il ritratto di un uomo.
L’immagine era piuttosto malconcia, dai toni sbiaditi. Una piccola lastra di 5,8 x 4,5 cm che si teneva nel palmo di una mano. Sul retro di una cornice di legno erano visibili le prime lettere della firma di Daguerre e la scritta ”M. Huet 1837″. Un indizio più che sufficiente per far trasalire anche l’appassionato di fotografia più sprovveduto.
Presto Pagneux capì che l’immagine che aveva trovato aveva un grande valore, ma la vera importanza della sua scoperta andava oltre la sua immaginazione. La tenne segreta per quasi 10 anni e nel 1998 la rese pubblica alla stampa internazionale.
Questo dagherrotipo è stato definitivamente autenticato come opera di Daguerre dai maggiori specialisti francesi grazie ad esami chimici ed ottici sia sull’immagine che sulle iscrizioni.
La data è più che sorprendente: 1837. È un ritratto eseguito da Daguerre due anni prima che l’invenzione della Fotografia veniva ufficialmente annunciata al mondo.
Questa immagine sbarazza tutti i pregiudizi passati.
Secondo la storia della fotografia ufficiale si è sempre creduto che la prima immagine in cui compare una figura umana fosse quella del “Boulevard du Temple” ripresa da Daguerre nell’estate del 1838.
In questo famoso dagherrotipo vediamo il “Boulevard” completamente deserto tranne la figura di un passante che resta fermo per tutta la durata dell’esposizione, mentre si fa lucidare le scarpe. Nessun altro elemento animato è stato impressionato sulla lastra nonostante il “Boulevard”, all’epoca della ripresa, era frequentatissimo di persone e carrozze. Si è calcolato che il dagherrotipo del “Boulevard du Temple” è stato esposto per circa 20 minuti.
Anche le “Nature Morte” che Daguerre portò all’Accademia delle Scienze, nel 1839, come prove del nuovo media, furono tutte eseguite con tempi di esposizioni tra i 20 e i 30 minuti, impossibili per la fotografia di ritratto.
Proprio per questi limiti tecnici un folto gruppo di esperti opponeva grossi dubbi sull’autenticità del ritratto di Pagneux.
La prima questione che veniva sollevata è perchè Daguerre avrebbe tenuto segreto questo importante traguardo della fotografia?
Lui stesso scriveva nella pubblicazione del suo procedimento (1) del 1839, che “… la mobilità della figura umana presenta difficoltà (che necessitano essere superate) per ottenere completo successo nei ritratti”.
Un libro (2) uscito l’anno scorso ci racconta che le ragioni per le quali questa immagine sia stata nascosta risalgono piuttosto alla controversa relazione tra il soggetto fotografato e il fotografo. Il libro svela, mediante un’approfondita indagine, l’identità che si nasconde dietro la scritta “M. Huet” che è quella di Jean-Baptiste Huet di soprannome Constant, disegnatore presso il Museo di Storia Naturale.
Questo è il luogo chiave dove i due uomini si sarebbero potuti incontrare.
Sappiamo che in questo periodo Daguerre faceva immagini di fossili e per fotografarli è possibile che sia stato introdotto clandestinamente nel Museo mediante l’aiuto di Constant Huet. In una di queste occasioni sarebbe nato anche il ritratto di Monsieur Huet.
Curiosa è la constatazione che una professione come quella di disegnatore, destinata ad essere eclissata dalla fotografia, veniva ossificata per sempre in un Dagherrotipo. La discordia tra i due uomini, nasce proprio da questi due mondi contrapposti, il mondo degli incisori che lotta contro il mondo della meccanizzazione dell’immagine. Questa la ragione di fondo, secondo l’autore del libro, per cui Daguerre avrebbe taciuto sull’esistenza di questo ritratto.
Dalla letteratura sappiamo che Daguerre fu sicuramente un abile imbonitore, quello che oggi definiamo un “marketer” dei media. Esercitava con successo la produzione di Diorama illusionistici, spettacoli con scene dipinte su enormi schermi trasparenti che rendevano l’illusione dello spazio e del movimento. Quindi da impresario dei media aveva intuito l’urgente necessità della fotografia e cercava di commercializzarla in tutti i modi possibili.
È probabile che solide ragioni commerciali avrebbero indotto Daguerre a mantenere nascosta questa immagine per capitalizzare piú tardi i proventi, quando i miglioramenti del processo avrebbero reso possibile anche i ritratti.
Ci sono pervenuti solo una ventina di dagherrotipi attribuibili a Daguerre di cui la maggior parte sono paesaggi e nature morte.
Il suo processo era ancora lontano dall’essere maturo, soprattutto perché i ritratti continuavano a richiedere tempi di esposizione di almeno dieci minuti in pieno sole.
D’altra parte, l’inventore era anche consapevole di essere coinvolto in una corsa internazionale, altri contendenti potevano vanificare i suoi sforzi e fu spinto a rendere pubblica la sua invenzione prima del suo perfezionamento.
Pionieri della fotografia provenienti da tutto il mondo, anche da terre lontane come la Norvegia o il Brasile (3), reclamavano di aver battuto Daguerre sul filo di lana ed alcuni di loro anche con solide ragioni.
Il dibattito e le teorie intorno alla scoperta di quest’immagine evidenzia la nostra propensione a conoscere la storia in termini di grandi individualità, orgogli nazionali e conquiste tecnologiche isolate, piuttosto che un continuo flusso e sviluppo di idee che appartengono al patrimonio dell’umanità.
Daguerre stesso iniziò i suoi primi lavori collaborando con il suo socio Nicephore Niepce e le sue lacune scientifiche furono colmate dall’aiuto del chimico Jean Babtiste Dumas, che invece rimase nell’ombra.
I miglioramenti apportati al procedimento del dagherrotipo furono opera di altri sperimentatori. I tempi di esposizione ridotti da minuti a secondi resero finalmente possibile i ritratti. Una conferma che l’invenzione della fotografia dovrebbe essere ricordata come un grande lavoro di squadra.
La storia della fotografia ci informa soprattutto sugli aspetti tecnici del mezzo fotografico a spese di un contesto estetico e culturale.
Nonostante sappiamo che il ritratto di Monsieur Huet è un esperimento fotografico delle origini, ci sorprende osservare quanto sia moderna la composizione.
Il taglio dell’inquadratura anticipa il classico ritratto fotografico a “mezzo-busto” con l’eliminazione di qualsiasi elemento di distrazione nello sfondo.
Lo sguardo del soggetto sembra leggermente fuori campo, un modello di interazione che riconosciamo nelle interviste televisive.
Uno degli aspetti più affascinanti dei primi ritratti in dagherrotipia è che si adottavano composizioni e convenzioni formali tipici della pittura e in particolare del ritratto in miniatura.
Ciò non sorprende se consideriamo che i primi operatori ad abbracciare l’arte della dagherrotipia furono molti pittori miniaturisti, timorosi di perdere commesse di lavoro con l’avvento del nuovo media.
Il ritratto di Monsieur Huet non è riconducibile ad alcun elemento della maniera miniaturista.
È molto lontano dal presentare una posa elegante e lusinghiera del soggetto. Piuttosto notiamo una figura scapigliata con un’espressione che sembra mostrare incredulità e sopportazione e che rudemente ci annuncia l’età del realismo.
In questa immagine è contenuta l’essenza della fotografia, la percezione di un momento mediato e non-mediato, fusi insieme in un’unica esposizione.
Curioso è notare che seppure il dagherrotipo continua ad affascinare per la delicatezza dei dettagli, la purezza delle forme e l’assenza di una grana virtuale fu relegato in un vicolo cieco della fotografia. Ciò che uccise il dagherrotipo fu la sua incapacità di essere usato come media per produrre nuove copie. La sua limitata produzione di una singola, irriproducibile lastra, in contrapposizione con la necessità di un nuovo media più economico, fu il motivo della sua rapida estinzione.
Questo suo stesso limite di unicità è la caratteristica che lo rende così prezioso nel mercato dell’arte.
In modo inverso e irriverente possiamo affermare che ciò che rende così seducente la fotografia di oggi è la sua riproducibilità e disponibilità, caratteristiche che causano anche la sua svalutazione.
(1) Daguerre, Jacques Louis Mandé. “Daguerrotype.” in L.J.M. Daguerre: The History of the Diorama and the Daguerreotype, by Helmut and Alison Gernsheim.
(2) “Le premier portrait photographique” di Olivier Ihl
(3) “Storia della Fotografia” di Beaumont Newhall