Articolo pubblicato sulla rivista CLASSIC CAMERA N.114, MARZO 2022
Titolo: “Processo al Carbone a Colori: nuovi metodi”
Il Processo al Carbone, apprezzato da alcuni come lo Stato dell’Arte della Stampa Fotografica, è conosciuto ai più per la stabilità delle sue stampe e per la gamma tonale che riesce a riprodurre. È importante subito dire che la Stampa al Carbone non è un singolo processo ma una molteplicità di metodi che rientrano sotto un unico nome. In questo articolo, esploreremo i vari metodi, introducendo alcuni principi fondamentali, informazioni storiche e le attuali procedure della Stampa al Carbone a Colori.
Nell’arco di un secolo e mezzo il Processo al Carbone si è evoluto attraverso molti cambiamenti, ma nessuno di questi è stato tanto radicale quanto quello introdotto da Charles Berger intorno al 1980 con il progetto UltraStable.
Le principali innovazioni di Berger includono:
- L’uso di un sensibilizzante ecologico senza cromo della famiglia dei diazido, che offre risultati più precisi.
- L’implementazione di un sistema meccanico per la “messa a registro” delle pellicole.
- L’adozione di tecniche digitali per la separazione cromatica CMYK.
- L’uso di negativi analogici provenienti da fotounità.
- L’adozione di pigmenti più stabili e con croma più puri, originariamente sviluppati per l’industria automobilistica.
Ma andiamo per ordine.
Stampa al Carbone Diretto
Nel 1855, Alphonse Louis Poitevin brevettò il primo Processo al Carbone. All’epoca già si conosceva la proprietà dei colloidi (gelatina, gomma arabica, amido, ecc.) che diventavano insolubili se sensibilizzati con bicromato di potassio ed esposti alla luce.
L’idea di Poitevin fu quella di aggiungere alla miscela colloide/bicromato del nerofumo (pigmento al carbone). Egli aveva steso questa miscela su un foglio di carta e una volta asciutta l’aveva esposta, a contatto con un negativo, alla luce del sole.
L’esposizione rese la gelatina insolubile in proporzione alla luce che attraversava il negativo. Il foglio fu immerso in acqua calda e le zone molto esposte (ombre) hanno trattenuto il pigmento sulla carta, mentre le zone non esposte sono rimaste solubili e il pigmento contenuto in esse si è sciolto nell’acqua.
Purtroppo la tecnica di Poitevin aveva seri problemi a riprodurre i toni medi e a conservare dettagli nelle luci. Come mostrato in la luce attraversa lo strato di gelatina a profondità diverse in corrispondenza delle diverse densità del negativo. Solo le ombre profonde riescono a trattenere il pigmento e a restare incollate al foglio, perché il loro spessore è arrivato a diretto contatto con la carta.
Tra la gelatina indurita e la superficie della carta risiede uno strato di gelatina solubile, che si scioglie durante lo sviluppo in acqua calda e trasporta con sé anche il pigmento trattenuto dalla gelatina indurita dei toni medi e delle luci.
Il risultato che si otteneva con la tecnica di Poitevin erano immagini slavate, ad alto contrasto, senza tonalità intermedie.
Stampa al Carbone con Trasporto
Il problema fu risolto nel 1864. Joseph W. Swan brevettò il “Processo al Carbone con Trasporto”. Swan riuscì a trasferire il rilievo/immagine su un secondo foglio di carta ricoperto di gelatina insolubile chiamato Supporto Finale (o Carta da Trasporto). Il primo foglio sul quale veniva stesa la soluzione di gelatina pigmentata e sensibilizzata diventò il Supporto Temporaneo o “carta al carbone”.
Swan aveva capito che l’indurimento della gelatina avviene dall’alto verso il basso, seguendo la direzione della luce durante l’esposizione. Questo processo provoca una degradazione dell’indurimento della gelatina verso il fondo dell’emulsione, lasciando uno strato di gelatina solubile più vicino alla superficie della carta.
Durante lo sviluppo in acqua calda, la parte inferiore di questo strato solubile si scioglie, facendo galleggiare l’intera immagine, che si distacca dal supporto originale. In sostanza, Swan aveva compreso che non era vantaggioso sviluppare l’emulsione sullo stesso supporto originale. Accoppiando ad esso un altro supporto alla superficie dell’emulsione, Swan riuscì a trasferire il rilievo/immagine sul nuovo supporto finale.
Una volta accoppiati, i fogli venivano immersi in acqua calda per sciogliere la gelatina non esposta.
Dopo qualche minuto, la gelatina solubile si staccava dal foglio originale (Supporto Temporaneo o Carta al Carbone”), mentre quella indurita guadagnava adesione sul nuovo supporto finale. Con la tecnica del Trasporto, a differenza del Carbone Diretto, si riusciva a ottenere un’immagine che manteneva tutte le sfumature delle luci e dei mezzi toni.
Con la tecnica del Trasporto, a differenza del Carbone Diretto, si ottiene un’immagine che conserva tutte le “nuance” delle luci e dei mezzi toni.
Sono ora necessarie alcune parole sul Supporto Temporaneo (Carta al Carbone) e sul Supporto Finale (o Carta da Trasporto).
Supporto Temporaneo (Carta al Carbone o Tissue)
Il Supporto Temporaneo (Carta al Carbone) ai tempi di Swan era un semplice foglio di carta ricoperto di gelatina pigmentata. È interessante notare che nella letteratura angloamericana è chiamato “Tissue”, che letteralmente significa fazzoletto o carta velina, perchè in origine si adoperavano fogli di carta piuttosto sottili per favorire il distacco dal Supporto Finale mediante lo “spellicolamento” del tissue durante il bagno in acqua calda. Affinché l’immagine pigmentata non aderisse in modo permanente al supporto, si trovò la soluzione di “cerare” la superficie del foglio mediante la stesa di una soluzione a base di cera d’api. Tuttavia quando il Tissue veniva bagnato la carta si restringeva e il foglio cambiava dimensione, questo causava fastidiosi “fuori registro” quando si dovevano sovrapporre duo o più rilievi/immagine. Si rimediò impermeabilizzando la carta con la gommalacca. Quando intorno al 1870 fu disponibile la “celluloide” (pellicola di nitrocellulosa) ci si rese conto che costituiva un materiale migliore, meno soggetto a macchiarsi di pigmento e soprattutto dimensionalmente stabile. Era inoltre trasparente e quindi ideale per la messa a registro di più rilievi immagine, a toni multipli o a colori. Infine nel 1942 furono immessi sul mercato nuovi materiali plastici, ad esempio Plexiglass, Perspex, ecc.. Essi ebbero il merito di migliorare ulteriormente l’esecuzione del processo fino all’introduzione di pellicole poliviniliche o a base di polipropilene, che sono quelle che si adoperano nel carbone di ultima generazione.
Supporto Finale (o Carta da Trasporto)
Solitamente per il Supporto Finale si adopera una buona carta per Belle Arti sulla quale si esegue una o più stese di “collatura”. Per chi non ha familiarità, il termine “collatura” è usato per descrivere il riempimento delle fibre della carta con gelatina, per evitare che l’immagine affondi nei pori del foglio, perdendo così incisione e solidità. La “collatura” ha anche la funzione di ancorare il rilievo/immagine alla superficie del foglio e per questo motivo è importante che il colloide non si sciolga in acqua calda e resti più morbido della gelatina esposta (rilievo/immagine).
I metodi della vecchia scuola usavano soluzioni di gelatina molto diluita con l’aggiunta di sostanze indurenti come la formalina o l’allume di cromo. Oggi si preferisce “collare” la carta con sostanze più innocue e sostenibili per l’ambiente. Si adoperano le “basi” che in pittura servono per la preparazione delle superfici prima della stesa dei colori. Si tratta di vernici acriliche di tipo PVA (poliviniliche) e possono avere una finitura lucida o opaca. Se vengono stese sul foglio in soluzioni molto diluite riescono a restituire le texture originali della carta. Sono efficaci quanto le collature tradizionali e non hanno l’inconveniente di causare macchie gialle sul foglio quando sono adoperate con i nuovi sensibilizzanti diazido
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Stampa al Carbone con Doppio Trasporto
Con la tecnica del Trasporto semplice si era risolto il problema della piena restituzione dei toni ma subito ne nasceva un altro: l’immagine sul Supporto Finale risultava invertita destra-sinistra. I negativi dell’epoca erano su lastre di vetro e rovesciare il negativo durante l’esposizione per raddrizzare l’immagine, causava perdita di nitidezza sulla stampa. Il problema fu risolto con l’introduzione di un secondo Supporto Temporaneo, dove venivano trasferiti i rilievi/immagine presenti sui Tissue. Questi fogli, oggi, vengono preparati con una collatura a base di albumina indurita con alcol isopropilico, per permettere agli strati di gelatina insolubile (rilievi/immagine) di aderire temporaneamente sulla sua superficie ed essere poi rilasciati al momento del trasporto. L’immagine, completa di tutti gli strati di gelatina, viene poi trasferita ad un supporto finale. Ovvero si esegue un Doppio Trasporto. Il Doppio Trasporto, che era nato per restituire l’orientamento originale all’immagine, apre possibilità creative ed estetiche inaspettate. Infatti adoperando Supporti Temporanei dimensionalmente stabili (fogli di plastica trasparente) ci si rese conto che era possibile sovrapporre più rilievi/immagine, minimizzando anche i problemi della messa a registro che all’epoca veniva fatta a vista.
Stampa al Carbone a Colori
La possibilità di sovrapporre strati di pigmento di diversa densità permette di migliorare la riproduzione dei toni dell’immagine. Ad esempio possiamo usare un inchiostro chiaro per stampare i toni chiari e un inchiostro scuro per stampare le ombre o qualsiasi altro pigmento secondo l’effetto desiderato. Mediante la sovrapposizione di più strati di pigmento è possibile raggiungere gamme di densità non riproducibili da nessun altro procedimento di stampa. Il processo ai pigmenti al Carbone consente di produrre ombre più profonde e ben separate senza compromettere le delicate transizioni tonali delle alte luci fino al bianco carta.
È evidente che sarà necessario produrre un negativo per ciascun strato di pigmento.
Concettualmente la separazione tonale e cromatica non sono molto lontane tra loro.
Il primo esperimento di separazione cromatica, combinato all’esposizione di più strati con differenti colori di pigmento, risale al 1870 per opera del fotografo francese Louis Ducos du Hauron. In pratica, egli aveva modificato il processo al Carbone monocromatico stampando a registro tre strati di pigmento: blu, carminio e giallo, a noi più familiari con l’acronimo CMY (ciano, magenta e giallo).
Chiunque si sia cimentato ad eseguire separazioni tonali o cromatiche in analogico sa che si tratta di un’operazione lunga e laboriosa che procede per prova ed errori. Vedi una mia esperienza di una tricromia con pellicole BN in analogico. Ogni pellicola pancromatica ha una propria curva caratteristica e sensibilità spettrale e questo comporta nuovi fattori di esposizione per ciascun filtro RGB e sviluppi differenziati per ciascun negativo. Spesso ciò non è sufficiente ed è necessario ricorrere alle maschere di contrasto. Queste non sono altro che copie molto leggere del negativo che dobbiamo correggere e sono ottenute in Camera Oscura dal negativo originale.
Quando le maschere di correzione vengono sovrapposte al negativo originale per l’esposizione di una separazione, lo spessore delle pellicole può causare una perdita di nitidezza sul tissue.
L’avvento del digitale ha segnato un notevole miglioramento nel processo al carbone a più strati: le separazioni tonali e cromatiche digitali hanno semplificato molto la procedura. Per ogni colore abbiamo un negativo di separazione di grande formato stampato su fotounità o mediante stampante inkjet. Un sistema di registrazione meccanico ci assicura una precisa sovrapposizione degli strati e ci permette di individuare fisicamente la posizione dei negativi di separazione, dei tissue corrispondenti e del supporto temporaneo. Un metodo molto semplice per farlo è iniziare con l’allineamento dei negativi mediante l’inserimento dei crocini di registro ai bordi del negativo durante l’elaborazione in Photoshop.
Quindi sopra un tavolo luminoso e con l’aiuto di un lentino contafili possono essere messi a registro in breve tempo. I negativi allineati e temporaneamente fissati con del nastro adesivo vengono portati sotto una punzonatrice insieme ai Tissue e al Supporto Temporaneo per essere tutti forati contemporaneamente. Successivamente questi fori vengono usati come guida per fissare i perni di registro sia sul piano di esposizione che sulla lastra di vetro sulla quale posizioniamo il Supporto Temporaneo per eseguire il primo trasporto dei rilievi immagine.
Come abbiamo anticipato all’inizio di questo articolo, un pioniere chiave della moderna Stampa al Carbone a Colori è stato Charles Berger.
La specialità dei quattro Tissue di Ultrastable (Ciano, Magenta, Giallo e Nero)
è che sono pre-sensibilizzati. Il sensibilizzante non è più un sale di cromo ma un composto diazido mescolato nell’emulsione di gelatina pigmentata prima della stesa sul supporto. Una volta asciutti questi Tissue possono essere conservati in busta a tenuta di luce come una convenzionale carta fotografica.
Il sensibilizzante di cui stiamo parlando ha un nome poco elegante “Disodium 4,4’ Diazidostilbene 2,2? disulfonate Tetrahydrate” e per convenienza di scrittura viene chiamato DAS. La buona notizia è che il DAS è un sensibilizzante non nocivo per l’uomo e per l’ambiente e quindi alternativo alle normative più rigorose che vietano l’uso dei bicromati (di potassio, di ammonio, di sodio, etc.). L’altra buona notizia è che con il Das abbiamo più certezza dei risultati. Quando la Carta Carbone (Tissue) veniva sensibilizzata con il bicromato diventava gradualmente insolubile durante la conservazione anche se non veniva esposta alla luce. Questo effetto, chiamato “Reazione al Buio”, produce un aumento di sensibilità e un abbassamento del contrasto in relazione all’aumento del tempo di asciugatura, della temperatura e dell’umidità. Ecco perchè con i sali di cromo si era costretti a sensibilizzare la Carta Carbone poco prima dell’esposizione cercando di mantenere i parametri costanti.
Con l’introduzione del DAS, direttamente nella gelatina pigmentata, la fase di sensibilizzazione viene completamente eliminata, risparmiando tempo di esecuzione e acquisendo maggiore ripetibilità dei risultati. Vedi più informazioni al seguente link: La stampa al carbone senza cromo
Una volta eseguite le separazioni CMYK in Photoshop, viene utilizzato una fotounità o una stampante InkJet per produrre quattro negativi digitali delle stesse dimensioni della stampa finale.
Solitamente si inizia con il trasferimento del nero, seguito dal ciano, quindi il magenta e infine il giallo. Il primo foglio pigmentato viene posizionato con l’emulsione in alto. Il corrispondente negativo di separazione viene posizionato sopra questo foglio con il lato emulsionato verso il basso e quindi viene eseguita l’esposizione alla luce UV. Si utilizza la stessa procedura con le altre tre separazioni.
Come esempio, la Figura mostra il negativo di separazione giallo sopra il foglio pigmentato corrispondente mentre viene eseguita l’esposizione alla luce UV.
I tempi di esposizione sono determinati da test di stampa e ogni incremento del tempo di esposizione per un determinato colore significa un aumento di intensità di quel colore nella stampa finale. Il giusto bilanciamento del colore si ottiene quando tutte le esposizioni sono calibrate al fine di riprodurre un cuneo di grigi senza dominanti.
Viene quindi preparato un Supporto Temporaneo (foglio di plastica trasparente) collato con albume e alcol isopropilico. Il primo Tissue esposto e il Supporto Temporaneo vengono brevemente immersi in acqua fredda e portati su una lastra di vetro.
Il Supporto Temporaneo viene posizionato con il lato albuminato verso l’alto e il tissue esposto viene srotolato sopra di esso con la gelatina rivolta verso il basso. A questo punto è importante rimuovere l’acqua rimasta tra i due fogli, mediante alcuni passaggi sul sandwich con un tergivetro o un rullo di gomma dura. Senza separarli, i fogli vengono immersi in acqua calda (circa 40º C) fino a quando la gelatina solubile inizia a sciogliersi [Figura -]. Il Tissue viene delicatamente separato dal Supporto Temporaneo e messo da parte. Un bagno in un’altra vasca di acqua pulita rivela tutti i toni dell’immagine. Il Supporto Temporaneo con il primo rilievo immagine Nero viene appeso per l’asciugatura. Si ripete lo stesso procedimento per i restanti tre colori. La Figura X mostra il foglio Ciano che viene separato dal Supporto Temporaneo (che ora porta gli strati ciano e nero). La Figura mostra l’immagine sul Supporto Temporaneo dopo che tutti e quattro i trasferimenti sono stati completati.
A questo punto si procede con un doppio bagno di schiarimento per rimuovere la chimica ancora presente sui rilievi/immagine.
Il primo è un blando bagno acido a base di Permanganato di Potassio, il secondo a base di Bisolfito e Solfito di Sodio. Con lo schiarimento rimuoviamo ogni traccia di residuo chimico e sensibilizzante non esposto. La stampa finale contiene solo pigmenti e gelatina, questo garantisce più purezza ai colori e massima permanenza dell’immagine.
Il Supporto Temporaneo viene lavato e lasciato asciugare all’aria.
L’immagine “completa”, presente sul Supporto Temporaneo, deve essere trasferita sul Supporto Finale, che può essere di carta o di qualsiasi altro materiale, rivestito di uno strato di gelatina morbida, ossia senza indurente.
Una volta che i due supporti sono asciutti si immergono in acqua fredda per far ammorbidire le emulsioni. Il Supporto Finale si stende su una lastra di vetro con la gelatina in alto. Il rilievo/immagine del Supporto Temporaneo si mette a contatto con la gelatina del supporto Finale. Con un rullo si gomma dura si passa sopra il sandwich per eliminare l’acqua superflua. Quindi si lascia asciugare in verticale ad uno stendino. Dopo diverse ore il rilievo/immagine si è staccato e si è trasferito sul Supporto Finale.
Conclusione
Il Processo al Carbone, con le sue caratteristiche uniche e la capacità di riprodurre una gamma tonale straordinaria, è altamente apprezzato dai fotografi contemporanei. Le stampe ottenute sono vere opere d’arte, con una struttura superficiale che permette di percepire la scala tonale attraverso diverse riflessioni di luce. Nonostante i cambiamenti tecnologici, la magia della Stampa al Carbone rimane inalterata, continuando a ispirare artisti e appassionati dell’Arte Fotografica.
Articolo pubblicato sulla rivista CLASSIC CAMERA N.114, MARZO 2022
Titolo: “Processo al Carbone a Colori: nuovi metodi”